Comune di Capaccio Paestum

CITTA' DI

CAPACCIO PAESTUM

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Itinerari

TRA MONTAGNA E COSTE A SPASSO TRA STORIA ED ARTE

L’itinerario proposto vuole sommare due elementi caratteristici di queste zone, tra loro strettamente connessi: l’aspetto puramente geografico che propone un graduale passaggio dalla costa alla montagna, fonte di varietà e stupore per l’occhio del viaggiatore, e quello storico che, sfruttando al meglio le possibilità offerte dal territorio, ha visto, nel corso dei secoli, il migrare delle popolazioni costiere verso l’interno alla ricerca di rifugi più protetti dagli attacchi dei popoli ostili. Dall’uscita Battipaglia dell’autostrada A3 percorrere la SS 18 (Sud) per circa 20 km, per raggiungere la prima tappa dell’itinerario: PAESTUM ( frazione di Capaccio), antica città fondata con il nome di Poseidonia intorno alla fine del VII secolo a.C. da coloni greci di Sibari, che raggiunse presto grande floridezza, come attestato dall’imponenza dei superstiti templi. Nel 273 a. C. divenne colonia romana con il nome di Paestum. Si abbellì di altri edifici come le terme e gli anfiteatri, conservando la sua floridezza fino al tardo Impero. Nell’alto Medioevo iniziò la sua decadenza, a causa delle alluvioni e della malaria e nel sec. IX, dell’invasione dei Saraceni. Da visitare: gli scavi archeologici, con i templi di Nettuno, Cerere e la Basilica di impianto dorico; il Museo Archeologico Nazionale, uno dei più importanti del mondo famoso per la presenza della tomba del Tuffatore ( 480 a. C. ); il Santuario dedicato a Hera, presso la riva sinistra del Sele risalente al VII sec. a.C.; la Basilica Paleocristiana, di stile preromanico costruita prima dell’anno mille.
Lasciato Paestum si prosegue lungo la SS18, dopo circa 10 km, ci si immette sulla strada locale in direzione Giungano.
Questa cittadina rappresentava la parte posteriore del passo o valico che dalla Piana di Paestum, attraverso i territori di Trentinara, consentiva l’accesso all’alto Cilento attraverso la via che si dipartiva dalla porta orientale dell’antica Posidonia.
Durante il medioevo il paese assunse una notevole importanza e, dopo Capaccio, vide affermarsi un potere religioso e feudale di tutto rispetto, tanto che il suo territorio raggiunse il mare.
Nel periodo borbonico Giungano vide la presenza delle carceri anche perché diede un notevole contributo di sangue per la lotta contro la tracotanza dei dominatori, per i moti del Cilento e per il Risorgimento.
Da visitare: il centro storico di chiare origini medioevali che ancora conserva l’impianto urbanistico con l’angusto ed affascinante assetto viario; la Chiesa Madre (sec. XV) con il suo particolarissimo campanile moresco, la cappella del vecchio cimitero con la sue semplicità ed essenzialità nelle forme ed il suo fascino antico da cui possibile aprirsi con lo sguardo nell’infinito orizzonte che si apre sul mare e sulla piana di Paestum; i portali e gli stucchi degli antichi palazzi signorili (Picilli, Stromillo etc.)

 

Passeggiate nel verde: Bosco dell’Elci, 30 ettari di macchia mediterranea, con prevalenza di corbezzolo ed elci. Da Giungano si prosegue per circa 12 km sulla strada locale in direzione Monteforte Cilento.
Facente parte originariamente dello stato di Novi, nel 1148 passò al normanno Enrico, detto di Monteforte. Nel 1700 era di giurisdizione regia, pur appartenendo alla famiglia Zichi.
La popolazione partecipò attivamente ai moti risorgimentali e alcuni cittadini pagarono con la vita, come i fratelli Capozzoli fucilati a Palinuro nel 1829.

Da vedere: la Chiesa di Santa Maria Assunta, nel cuore del centro storico, la Chiesa di San Pietro e Palazzo Gorga, risalente al 1700.Passeggiate nel verde: il bosco di Valdicioffo (50 ha di acero e cerro), bosco Farneta (100 ha di bosco ceduo, con prevalenza di cerro), bosco di Monte Chianello (100 ha di magnifiche leccete). Si possono osservare cinghiali, volpi tassi e falchi; le rive del Fiume Alento, che scorre in un fondo valle ampio e ghiaioso, il cui percorso è interrotto nel territorio di Monteforte dalla diga di “Piano della Rocca”. Lungo il corso del fiume si possono trovare ancora ruderi di casolari in pietra, vecchi mulini, selciati e mulattiere. Lasciato Monteforte, si prosegue per circa 10 km fino a Stio.
Durante l’epoca normanna (1075-1191) apparteneva allo Stato di Magliano. Dal 1300 fu dei Sanseverino, dal 1433 fu del Conte di Capaccio, per passare nel 1498 ai Carafa. Ultimo Signore di Stio fu Nicola Pasca, che lo tenne fino al 1806, anno in cui esso si distaccò dallo Stato di Magliano divenendo comune autonomo.
Da vedere: La Chiesa dei SS Apostoli Pietro e Paolo (edificata nel XVIII secolo), la Chiesa di San Gennaro (nella frazione di Gorga, risalente al XVI secolo), la Chiesa di Santa Maria degli Angeli (del XVII secolo).
Passeggiate nel verde: il cimale della dorsale che segna lo spartiacque tra gli alti bacini del Calore e dell’Alento, su uno sprone degradante verso il torrente Trenico a 675 m s.l.m.; Bosco Varoncelli (143 ha di castagno) e Bosco Castagno (100 ha di castagno). Si possono osservare cinghiali e volpi.
A solo 5 km da Stio vi è Campora. Il primo nucleo abitato si costituì tra il X e l’XI secolo intorno al monastero di San Giorgio.

 

Le prime notizie sicure su Campora risalgono al 1131. Fino al 1532 fu feudo dei Sanseverino, quindi appartenne ad Alfonso Avalos d’Aquino. Nel 1756 passò a Scipione Loffredo, con il titolo di marchese di Campora.
Nel febbraio del 1821 a Campora, come nel resto del Cilento, i contadini occuparono le terre padronali e, nella Pasqua del 1823, la popolazione reagì violentemente al regime poliziesco dei Borboni.
Da visitare: la Chiesa di San Nicola, edificata nel 1660, che custodisce pregevoli statue lignee.
Passeggiate nel verde: il bosco Montagna (400 ha di alto fusto con prevalenza di cerro), il bosco Mangini (100 ha di castagno e ontano napoletano), il bosco di Tempa Piana (75 ha, con rimboschimenti soprattutto di pini; caratteristica la presenza di alcuni laghetti colllinari. Si possono osservare cinghiali e volpi.
Percorrendo a ritroso la SS488 dopo una decina di km si giunge nel territorio di Magliano Vetere. Il nucleo primitivo occupava un punto di sicura importanza strategica, dominando il passo, detto della Pietra Perciata, che collega, in direzione nord-sud, la valle del Calore con quella dell’Alento (nel 1074 era uno dei quattordici valichi del Mezzogiorno con diritto di pedaggio).Dopo la caduta dell’impero romano e la calata dei barbari il casale di Magliano fu trasformato, da Totila, in luogo fortificato. Successivamente passò sotto il dominio dei Normanni e, più tardi, elevato a rango di Stato di Magliano. Fu poi dei Sanseverino fino al 1498 e quindi dei Carafa.
La notte del 9 aprile 1669 Magliano Grande (Magliano Nuovo) fu incendiato. Successivamente fu ricostruito grazie alla tenacia e alla costanza dei suoi abitanti.

Da vedere: la Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al 1660 (a Magliano Vetere), la Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al 1600 e ricostruita nel secolo successivo dopo l’incendio che la distrusse completamente (frazione Magliano Nuovo), la Chiesa di San Fortunato (alla frazione Capizzo), risalente al 1500, considerata tra le più belle del Cilento.Passeggiate nel verde: ai piedi della ripida fiancata sud – occidentale della catena montuosa del gruppo Monte Faito (1163 m)-Rupa della Noce (1165 m), che divide il bacino dell’Alento da quello del Calore; nei boschi di Montagna Piano (10 ha di castagneti), di Montagna (65 ha di cerro, roverella e ontano napoletano), di Lavanghe e di Pietra Perciata (8 ha complessivi di rimboschimenti a pino). Si possono osservare cinghiali, volpi e lupi.
Proseguendo lungo la SS 488, superando il già visitato Monteforte, si raggiunge dopo circa 20 km, la cittadina di Trentinara.

La testimonianza più antica della presenza di Trentinara è un documento del 1092, anno in cui Gregorio di Capaccio donò alla Chiesa di san Nicola di Capaccio le sue chiese di Trentinara.
A Trentinara ebbero tragica conclusione i moti del Cilento il 12 luglio 1848.
Da vedere: La Chiesa della S. Rosario (sec. XVII – XVIII), la Chiesa di SS. Assunta (sec. XVII), la Chiesa di S. Nicola ( sec XI – XII), Il Santuario della Madonna di Loreto ( sec. XVIII), il centro storico con le sue sconnesse viuzze ed artistici portali.

Passeggiate nel verde: lungo i pianori del monte Vesole dove è possibile ossigenarsi e rinfrescarsi nei periodi estivi, tra la natura ancora incontaminata e le splendide visioni rarefatte a 360 gradi dell’universo territoriale; la suggestione della piazzetta panoramica che costituisce una invidiabile terrazza sulla piana di Paestum da dove è possibile gustare la inimitabile visione della costiera amalfitana, dell’isola di Capri, del Golfo di Salerno. Il vallone Serra con i suoi vecchi mulini e la caratteristica cascata lungo il quale sono stati ritrovati resti di insediamenti umani paleolitici.
L’ultima meta della nostra passeggiata è la cittadina di Capaccio, che si raggiunge proseguendo lungo la SS 488 a sei km da Trentinara.

 

Capaccio Vecchio sorge ai piedi del Monte Calpazio, là dove Crasso ebbe ragione dei ribelli capeggiati da Spartaco. Nel 1062 fu sotto il dominio di Gisulfo II, al tempo di re Ruggero fu sotto Rainolfo di Alife, per passare poi ai Sanseverino. In mano ai Sanseverino fu assediata e distrutta da Federico II (oggi ne rimangono ancora le rovine).
I momenti successivi sono legati alle vicissitudini di Capaccio Nuovo, presente già prima del 1051, come testimonia un documento di quella data e che, molto probabilmente, scampò alla distruzione, al contrario di Capaccio Vecchio.
Da vedere: Santuario Mariano Diocesano, fondato nel I sec. e dedicato alla Madonna del Granato; Convento dei Frati Minori, che presenta un chiostro settecentesco affrescato; la Chiesa di S. Pietro Apostolo, del ‘700 con pregevole portale e volte decorate e affrescate; l’intero centro storico con i suoi portali e la torre campanaria; il Santuario del Getsemani, risalente a questo secolo.
Passeggiate nel verde: lungo Fiume Sele, il Fiume Solofrone, la pineta del litorale tirrenico, i boschi di Montagna del Conte (10 ha di macchia mediterranea, con leccio e roverella), i boschi di Monte Soprano (15 ha a macchia mediterranea con leccio ed erica, oltre a castagno e a cerro).